La globalizzazione, intesa come interdipendenza delle nazioni attraverso flussi e riflussi transfrontalieri di persone, beni di mercato e non di mercato, assistenza sanitaria, servizi, finanza e tecnologia, non è solo la nostra realtà attuale ma, se eseguita correttamente, anche un obiettivo etico universale al servizio delle persone, dello sviluppo umano integrale e del bene comune. Una globalizzazione etica significherebbe che tutti i paesi riconoscono, rispettano e attuano principi condivisi di giustizia e pace basati sulla dignità umana, sul progresso e sulla prosperità umani. La globalizzazione promuoverebbe l’incontro con l’altro, la coltivazione delle relazioni umane, il dialogo interculturale e interreligioso e la cura del pianeta. Oggi siamo ancora lontani dalla globalizzazione etica, ma il nostro obiettivo politico e pratico dovrebbe essere la globalizzazione etica basata sull’economia di Francesco. La pandemia di Covid-19, che sta mietendo sempre più vittime, rappresenta sia un’opportunità che una sfida per ricominciare daccapo.
Percorsi e linee guida per una globalizzazione etica
La voce del grande profeta disarmato Isaia emerge dalla notte dei tempi, proponendo per la prima volta una visione illuminata della globalizzazione etica:
Avverrà, negli ultimi giorni, che il monte della casa del Signore si ergerà sulla vetta dei monti, e sarà elevato al di sopra dei colli; e tutte le nazioni affluiranno a esso. Molti popoli vi accorreranno, e diranno: “Venite, saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri”. Da Sion, infatti, uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra (Isaia 2, 2-4).
Nella nostra epoca, le nazioni so
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La globalizzazione, intesa come interdipendenza delle nazioni attraverso flussi e riflussi transfrontalieri di persone, beni di mercato e non di mercato, assistenza sanitaria, servizi, finanza e tecnologia, non è solo la nostra realtà attuale ma, se eseguita correttamente, anche un obiettivo etico universale al servizio delle persone, dello sviluppo umano integrale e del bene comune. Una globalizzazione etica significherebbe che tutti i paesi riconoscono, rispettano e attuano principi condivisi di giustizia e pace basati sulla dignità umana, sul progresso e sulla prosperità umani. La globalizzazione promuoverebbe l’incontro con l’altro, la coltivazione delle relazioni umane, il dialogo interculturale e interreligioso e la cura del pianeta. Oggi siamo ancora lontani dalla globalizzazione etica, ma il nostro obiettivo politico e pratico dovrebbe essere la globalizzazione etica basata sull’economia di Francesco. La pandemia di Covid-19, che sta mietendo sempre più vittime, rappresenta sia un’opportunità che una sfida per ricominciare daccapo.
Percorsi e linee guida per una globalizzazione etica
La voce del grande profeta disarmato Isaia emerge dalla notte dei tempi, proponendo per la prima volta una visione illuminata della globalizzazione etica:
Avverrà, negli ultimi giorni, che il monte della casa del Signore si ergerà sulla vetta dei monti, e sarà elevato al di sopra dei colli; e tutte le nazioni affluiranno a esso. Molti popoli vi accorreranno, e diranno: “Venite, saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri”. Da Sion, infatti, uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra (Isaia 2, 2-4).
Nella nostra epoca, le nazioni sofferenti in cerca di pace dopo la tragedia di due guerre mondiali hanno compiuto passi concreti e cruciali verso una globalizzazione etica sotto l’egida delle Nazioni Unite, che quest’anno festeggiano il loro 75° anniversario. Nondimeno, sono state ispirate dai continui appelli di diversi Pontefici al disarmo e alla concordia, dalle visite e discorsi dei Papi presso la sede delle Nazioni Unite, e dalla presenza di un rappresentante permanente della Santa Sede presso questa benemerita istituzione. Cinque sono i componenti fondamentali della globalizzazione etica promossa dalle Nazioni Unite, in sinergia con la dottrina sociale della Chiesa:
- La Carta delle Nazioni Unite, con i suoi quattro obiettivi fondamentali: porre fine al flagello della guerra, promuovere i diritti umani, stabilire il diritto internazionale e raggiungere il progresso sociale ed economico.
- La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che afferma che tutte le persone nascono libere ed eguali in dignità e diritti, inclusi i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali
- Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che allineano le nazioni del mondo verso obiettivi condivisi quali mettere fine alla povertà, garantire l’inclusione economica e raggiungere la sostenibilità ambientale.
- Gli accordi delle Nazioni Unite sull’ambiente, tra i quali l’Accordo di Parigi sul Clima e la Convenzione sulla Biodiversità.
- Gli accordi delle Nazioni Unite riguardanti il disarmo e le armi nucleari, che mirano a un mondo libero da arsenali atomici.
Il magistero sociale del Vangelo e le encicliche di Papa Francesco offrono un quadro efficace per l’attuazione di una globalizzazione etica, strettamente allineata con lo spirito della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e gli altri pilastri del sistema multilaterale delle Nazioni Unite. Questo magistero sociale comprende:
- Un impegno generale per il Bene Comune, la Giustizia e la Pace (Beatitudini)
- La Destinazione Universale dei Beni e lo Sviluppo Sostenibile (Populorum Progressio)
- La Cura per il Creato (Laudato Si’)
- Fraternità sociale e l’Amicizia per superare il modello individualistico dell’essere umano, sull’esempio del Buon Samaritano (Fratelli Tutti)
Tali principi morali possono aiutarci a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, particolarmente in questi tempi difficili segnati dalla pandemia di Covid-19. La Destinazione Universale dei Beni, ad esempio, è un forte richiamo al requisito morale che i ricchi trasferiscano parte del loro patrimonio ai poveri, che, secondo Sant’Ambrogio, equivale a restituire ai poveri ciò che è già loro, poiché la Terra appartiene a tutti (Populorum Progressio et al.).
Siamo infatti consapevoli che attualmente, il patrimonio netto combinato dei 500 individui più abbienti del mondo raggiunge la sorprendente cifra di 7 trilioni di dollari (novembre 2020). Si noti che i 7 trilioni di dollari, se utilizzati per creare un fondo fiduciario a favore degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS), con un contributo annuale annuale del 5%, frutterebbero 350 miliardi di dollari l’anno, all’incirca la somma che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) considera necessaria per colmare il deficit di finanziamento degli OSS per i 57 LIDC (Low-income Developing Countries, paesi in via di sviluppo a basso reddito), la cui popolazione raggiunge i 1,7 miliardi. Pertanto, la ricchezza di appena 500 persone potrebbe alleviare la sofferenza di 1,7 miliardi di persone. Infatti, oggi il nostro pianeta sopporta il peso di ineguaglianze patrimoniali senza pari, che la rapida espansione della crisi pandemica di Covid-19 rende sempre più evidenti. Il mondo appartiene a tutti, non solo ai ricchi, e dobbiamo perciò agire di conseguenza.
La situazione attuale: l’idolatria dei mercati mondiali
La globalizzazione oggi in atto non riesce a promuovere la dignità umana e lo sviluppo umano integrale. La società moderna ha confuso i mezzi con i fini, mettendo l’umanità alla mercé del mercato (secondo le dottrine del neoliberismo), invece di progettare mercati e altre istituzioni al servizio dello sviluppo umano integrale. La proprietà privata, in particolare il capitale aziendale e i vasti patrimoni individuali – spesso occultati in paradisi fiscali – è diventata sacrosanta, passando sopra ai bisogni dei poveri, degli emarginati, dei vulnerabili, degli esclusi e della natura stessa. I beni privati hanno sostituito i beni pubblici tra cui la fiducia sociale, la salute pubblica, la sostenibilità ambientale, la giustizia e la pace. Le istituzioni economiche nazionali e internazionali sono state distorte per servire principalmente gli interessi finanziari del capitale multinazionale e degli individui più ricchi del mondo. Una mentalità estrattivista e tecnocratica ha impedito di distinguere i valori pubblici (beni non di mercato, collettivamente creati da una pluralità di attori, come per esempio il culto) dai beni pubblici (che sono non rivali nel consumo e non escludibili, come le infrastrutture, la ricerca di base, la salute ecc.); i beni privati sono stati privilegiati rispetto ai beni pubblici; la proprietà intellettuale privata è stata privilegiata rispetto alla conoscenza condivisa; l’estrazione delle risorse è stata privilegiata rispetto alla gestione ambientale; e il comportamento individuale, per quanto irresponsabile, è stato privilegiato rispetto alla responsabilità sociale. Lo vediamo oggi quando individui arroganti invocano la falsa “libertà” di mettere in pericolo gli altri evitando l’uso di mascherine e rifiutando di obbedire alle linee guida basilari della salute pubblica, necessarie per fermare la diffusione del Covid-19.
L’epidemia di Covid-19 non solo ha rivelato le nostre false sicurezze, ma ha anche esacerbato le profonde faglie dell’economia globale, mettendo nettamente in luce le divisioni e le disuguaglianze del nostro mondo attuale, generate soprattutto negli ultimi cinquant’anni con la progressiva diffusione dell’ideologia neoliberista in Occidente, che distorce la dignità umana e la libertà. Ne ha inoltre moltiplicato e amplificato le voci, con la diffusione dei nuovi miti delle fake news da parte di tutti i mezzi di comunicazione, e l’ostentata negazione della differenza tra bene e male e tra giustizia e ingiustizia, producendo sfiducia nelle istituzioni e nei cittadini.
Come suggerito dall’Economia di Francesco, il superamento di questo stallo richiede un nuovo patto sociale, basato su verità, onestà, trasparenza, fiducia, fraternità, amicizia individuale e sociale, recupero della famiglia, recupero dell’educazione intellettuale e morale, lavoro, solidarietà, e istituzioni sociali ed economiche valide, quali le banche e altre, che invece sono spesso trasformate in strutture di peccato. Oltre a ristabilire una distribuzione equa, dobbiamo oggi affrontare una sfida decisiva: la riorganizzazione della produzione. La povertà, la disuguaglianza, l’esclusione e l’insicurezza vengono riprodotte e rafforzate quotidianamente nel corso della produzione, come un sottoprodotto immediato delle decisioni egoistiche delle imprese in materia di occupazione, investimenti e innovazione. Le politiche industriali e regionali che attualmente si concentrano su incentivi fiscali e sussidi agli investimentivannosostituiteconserviziestrutture aziendali personalizzate per facilitare la creazione dipostidilavoro.Altricompitiprioritaridelnuovo corso sono il miglioramento del multilateralismo, la gestione dei beni comuni globali, la salvaguardia del pianeta e l’apertura alla trascendenza.
L’Economia di Francesco
Per tutte queste ragioni sosteniamo urgentemente e fermamente l’appello ad una nuova Economia di Francesco, basata su una cultura incentrata sulla cura, sulla creazione di veri valori, sull’incontro profondo con l’altro (Fratelli Tutti) e sullafraternitàuniversale.L’EconomiadiFrancesco richiede un nuovo incontro globale, in cui tutte le parti pensino localmente – stando attenti al proprio ambiente – e agiscano a favore di una prosperità globale inclusiva. L’Economia di Francesco richiede una nuova economia che consideri i beni comuni della salute, dell’ambiente, dell’acqua, della fiducia sociale, della pace e della dignità come principi guida primari, e che consideri invece la proprietà privata, individuale e aziendale, come bene secondario, subordinato e governato dal bene comune. L’economia mondiale è un bene comune globale che richiede cooperazione, coordinamento e multilateralismo globali.
Nella nuova Economia di Francesco supereremo la cultura dello scarto e la globalizzazione dell’indifferenza, nonché il falso mito dell’effetto di sgocciolamento, per attuare un’economia basata sulla cura, sulla coltivazione del carattere e delle virtù, dell’eroismo e dei valori spirituali, dando priorità alla trascendenza dell’essere umano e di Dio Creatore. Le principali istituzioni dello Stato sociale, che devono garantire l’accesso universale alla protezione sociale, alla sanità, all’istruzione e ai servizi pubblici di base, vanno sostenute per promuovere un impiego decente e dignitoso per tutti, nella nuova era della digitalizzazione. La nuova era del lavoro promuoverà i valori dell’assistenza; la coltivazione delle capacità e creatività individuali; le opportunità di svago e ricreazione, del rinfrancamento e della contemplazione; e le opportunità di esprimere attraverso il lavoro la nostra solidarietà con gli altri.
L’Economia di Francesco, con i suoi tre pilastri di Terra, Tetto e Lavoro, ci sprona anche a progettare e promuovere nuove metriche del benessere, le quali dovrebbero mirare a misurare ciò che è veramente importante per il bene comune, per lo sviluppo umano integrale e per la felicità, invece delle misure limitate e distorcenti dei rendimenti di mercato. In parte possiamo e dobbiamo correggere i prezzi di mercato in modo che i rendimenti finanziari privati riflettano e si allineino più accuratamente con i veri costi e benefici sociali, superando il problema dell’incompletezza del calcolo del profitto. Ma dobbiamo anche superare le usuali misurazioni di mercato, adottando nuove e migliorate metriche dei veri pilastri del benessere: dignità, fiducia, cura, beni relazionali, prudenza, lavoro dignitoso e previdenza sociale, casa e terra, che insieme costituiscono le basi dello sviluppo integrale umano e del bene comune.
Ricorrere alla profezia
Le sfide esistenziali della pandemia, l’autoisolamento, le disuguaglianze, l’indifferenza, la perdita di biodiversità e il riscaldamento globale suggeriscono di esplorare i percorsi proposti dal profeta Isaia per adempiere alla sua profezia. Per mettere in atto la globalizzazione etica e l’Economia di Francesco, di fronte a tensioni esistenziali che ci travolgono e per le quali non abbiamo risposte facili, possiamo rivolgerci alla tradizione profetica della preghiera e del lamento. Noi credenti preghiamo Dio con il salmo che Gesù stesso invocò durante la sua agonia sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Sal., 22 [21], 2). Come la storia ci insegna, una nuova grazia e nuove possibilità possono scaturire da lamento e dolore, insieme a nuovi atti di amore e generosità, nuovo eroismo per la salute e la salvezza dei nostri fratelli e sorelle, nuove conoscenze scientifiche e atteggiamenti sociali, nuova leadership di sostegno, nuove prospettive e speranze. E questo è già un nuovo inizio.
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